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“È come se fossi rimasto addormentato per tutta la mia vita”, dirai tra te e te.
“Sono una persona intelligente, posso pensare, almeno penso di poterlo fare, quindi perché non l’ho capito prima? Non ci vuole un genio per vedere che tutto ciò che mi circonda, questo tragicomico teatrino, non ha senso.”
Con un pizzico di rodimento la tua riflessione continuerà più o meno così.
“È come se per tutta la mia vita fossi stato ubriaco o posseduto o sotto un incantesimo che mi ha fatto inseguire un’allucinazione dopo l’altra, un miraggio mondano dopo un miraggio spirituale, correre a destra e manco senza mettere mai in discussione niente, ma non appena mi fermo e faccio una domanda, anche una semplice domanda, purché seria, l’intera struttura si ripiega e implode come una casa di carte, l’intero universo ricco di significati (personali o collettivi) crolla come un castello di sabbia.”
Piuttosto seccato del fatto di averlo realizzato soltanto adesso, proseguirai così il tuo monologo:
“Che sia questo che ho sempre tentato di evitare, e che probabilmente una parte di me tenta ancora di evitare?
Il crollo del mio universo?
Il crollo delle mie certezze mondane?
Il crollo delle mie aspettative spirituali?
Il crollo dell’attuale identità, di ciò che ho sempre creduto di essere?
Il crollo di ciò che ho sempre sognato di essere?
Il crollo dei miei sogni?”
E a questo punto, forse, giungerai a questa esclamazione interiore:
“Oddio, sto inconsciamente cercando di evitare il crollo dei miei sogni, il crollo del mondo dei sogni in cui credo di vivere!”
“E per fare questo il mio intelletto sta effettivamente negando, strenuamente negando, che si tratti del mondo dei sogni!”
“Sto negando i miei sogni, le mie fantasie, le mie illusioni… sto cercando di fare di tutto per non riconoscerle, per definirle diversamente!”
“E non l’ho mai ammesso perché in fondo ho paura di perdere qualcosa che ho ritenuto vitale… sono ancora identificato ed estremamente attaccato a tutte le apparenze esterne!”
“Ho sempre cercato di evitare il crollo di questo ridicolo personaggio, ho sempre cercato di proteggerlo assieme a questa farsa che chiamo ‘la mia vita’…”
“Accidenti, ma allora è per questo che non voglio mai fermarmi? Perché avrei l’impressione che per me – o per ciò che credo di essere – sarebbe finita!”
“Dannazione, avrei l’impressione che sarebbe la fine!”
“E’ per questo che la mia ricerca diventa sempre più frenetica.
Ho continuamente tentato di coprire questo riconoscimento… una parte di me non vuole vedere tutto questo per quello che davvero è!”
“Maledizione… Ho paura che sia la fine!”
“Ho sempre vissuto con questa fottuta paura della fine!”
Infine dirai, o spero che dirai:
“Forse, anzi senza forse, è davvero il caso di farla finita con questa storia, farla finita con queste stupide fantasie, farla finita con queste cazzate, farla finita con l’attaccamento a queste impressioni, farla finita con l’attaccamento alle apparenze esterne, farla finita con la salvaguardia del mondo dei sogni, farla finita con questo ridicolo personaggio, farla finita con la dipendenza a quei ridicoli personaggi, farla finita con questa farsa, farla finita con questa finta ricerca, farla finita con questa fottuta copertura del vuoto che non voglio vedere-sentire-accettare-accogliere…“
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