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Se la caduta sta accadendo, lasciala accadere...

Questo non vuole essere un discorso contro la compassione, l’altruismo, l’amicizia, ma vuole essere un piccolo schiaffo all’ego di turno, alla parte di noi che vorrebbe salvare tutti, cambiare il mondo, aiutare gli altri (modificando il loro carattere, le loro inclinazioni, il loro modo di pensare, di percepire e di fare).

Spesso – senza accorgercene – crediamo e cerchiamo di aiutare il prossimo mediante iniziative prettamente egoistiche, che ai nostri occhi sembrano filantropiche, utili o addirittura necessarie – atteggiandoci inconsciamente come quelli che per aiutare l’umanità vorrebbero modificare il dna delle persone.

Ci sono eccezioni, ovviamente, ma tante volte si abusa del proprio potere e si priva qualcun altro di fare l’esperienza che deve fare in quel momento: c’è chi viene fatto cadere di proposito e dovrebbe essere aiutato a rialzarsi, poi c’è chi deve cadere per natura (così da imparare a non inciampare ancora in quel modo), e c’è addirittura chi vuole cadere deliberatamente- per imparare a rialzarsi da solo.

Se la vita mette qualcuno in condizione di cadere al fine di insegnarli a rialzarsi, sarebbe opportuno lasciare che il tale individuo resti a terra tutto il tempo che serve. Non sta a noi decedere quando bisogna rialzarsi e quanto tempo bisogna stare a terra.

Fino a quando occorre attendere?

Dipende. In linea di massima direi fino a quando non si chiede effettivamente (esplicitamente, disperatamente) aiuto, ma dato che alcuni non lo possono comunicare in modo esplicito, si può fare comunque un tentativo. L’importante è lasciare lo spazio sufficiente – e indispensabile – alla prossima caduta e alla successiva ricaduta.

La caduta è inevitabile, non si può evitare di cadere. Il volere evitare, impedire, attutire una caduta può rivelarsi un disservizio, un torto, uno sgarbo, un’offesa, un’ingiustizia. Alcune cadute, per quanto possano sembrare dolorose, sono utili, edificanti, formative, evolutive e profondamente stimolanti. In tal senso occorre imparare a lasciare cadere ciò che deve cadere. Questo vale per qualsiasi amicizia, relazione, rapporto, esperienza.

Prima o poi dovrete osservare la caduta di tutti i vostri amici, parenti, conoscenti.

La caduta di un bambino. La caduta di vostra madre. La caduta di vostro padre. La caduta del vostro amante. La caduta del vostro leader preferito. La caduta di una persona gravemente malata. La caduta del sistema sociale/politico//economico/religioso. E ovviamente la caduta del vostro ego.

Provate a lasciare che cadano, uno dopo l’altro. Per caduta mi riferisco a piccole cadute esistenziali, disdette, guai, problemi, fallimenti, che dietro al lato scoraggiante hanno un lato stimolante.

Il fallimento è un grande insegnante, a volte brutale, ma anche geniale.

Vi conviene accettare che tante volte non potete fare nulla per evitare un’inevitabile caduta. E il cadere non è mai stato un problema; il problema è l’incapacità di accettare la caduta, l’incapacità di rimanere a terra senza rialzarsi frettolosamente per perseguire (stupidamente) le storie dell’ego.

Guardate alla caduta come un colpo della realtà che tenta di mettere k.o. l’ego di turno: in quest’ottica il cadere assume un significato totalmente diverso da quello che gli viene attribuito di solito. Vi sto dicendo che il vostro ego – come l’ego di chiunque altro – è destinato a cadere, perdere. E finché lo difenderete verrete brutalmente sbattuti a terra, in tutti i modi possibili, finché smetterete di difendere chi credete erroneamente di essere. E non occorre un premio Nobel per rendersene conto; basterebbe fingere un po’ di meno, dare un po’ meno credito al proprio intelletto e non aver fretta di rialzarsi per imporsi sulla realtà.

Lasciate che ciascuno cada, che fallisca, che finisca con il culo a terra e che sbatta la testa contro la scomoda verità. Quella è l’amara medicina che tutti prima o poi dovranno ingoiare. Se non gli piace fatti loro; alla prossima caduta reagiranno diversamente; e se non interferite con il vostro finto buonismo, lo faranno spontaneamente in risposta a un collaudato processo di maturazione interiore.

Tra l’altro, anziché preoccuparvi tanto delle cadute altrui, inizierei a pensare seriamente alla vostra prossima, inevitabile, ricaduta. Se fate fatica ad accettare la caduta esterna allora verrete estremamente traumatizzati dalla caduta interna, quella del vostro senso dell’io e allora sì che saranno cazzi amari.

(ZeRo)


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