Non accettare i consigli dell’uomo comune.
Non accettare indicazioni da chi non ha veramente vissuto niente.
E uno che non sta veramente vivendo, o che finge di vivere, è un morto vivente.
Non confondere il morto vivente con il morto in vita (essere auto-liberato).
Il morto vivente è l’uomo comune, è la condizione della coscienza addormentata, incantata, incatenata alle apparenze esterne.
Il morto in vita è qualcuno che la vita non solo l’ha vissuta pienamente, fino in fondo, ma è anche riuscito a farla finita.
Il morto in vita è un autorealizzato, in India si chiama liberato in vita, qualcuno che si è affrancato dall’opprimente rete percettiva in cui rimane impigliato l’essere umano. E vista la sua condizione di affrancamento, o comunque di disinteresse verso il proprio ego, è preferibile ricevere consigli dai morti in vita.
Le testimonianze dei morti in vita non mancano; se leggi qualche loro autobiografia ti puoi rendere conto che condividono lo stesso messaggio di fondo.
Per spiegare la differenza tra il morto vivente (uomo comune) e il morto in vita (auto-liberato) prendiamo l’analogia del videogioco.
Chi può dare consigli estremamente utili, efficaci, risolutivi se non chi è riuscito a finire il gioco?
Chi ha finito un gioco conosce probabilmente non solo i modi “canonici” per superare i livelli, ma conosce anche i trucchi, le combo, i passaggi segreti. In gergo esoterico si parla di via rapida, mezzi abili, Vamachara, pratiche tantriche/sciamaniche, etc…
La stessa cosa vale per il gioco della vita.
So che il paragone sembra assurdo, so che la vita non sembra affatto un gioco, so che la sola idea di morire in vita è insensata, ma per comunicare efficacemente dobbiamo attenerci a un linguaggio comprensibile e questi probabilmente sono i migliori esempi che si possono portare a livello verbale.
La vita, in un certo senso, è il gioco migliore che ci sia. E come nei comuni videogame, quando giochi al tuo gioco preferito e impari a menadito le mosse, i personaggi, i livelli, allora non puoi che avanzare, progredire, salire e scoprire nuovi livelli, completamente assurdi dal punto di vista di chi rimane sempre sullo stesso piano esistenziale senza neppure cambiare mai direzione.
Quando si raggiunge una certa padronanza in un certo gioco può accadere che il gusto della vittoria o della perdita svanisca gradualmente. Continui a giocare, ma adesso lo fai perché non sai più come passare il tempo, non giochi più per vincere, per progredire, per eccellere. Il vincere o il perdere non ti fa né caldo né freddo.
Questa è l’attitudine di un autorealizzato. Uno che ha finito il gioco della vita non ha più paura di perdere e non gioca più per vincere. Solamente per il fatto di essere disinteressato, meriterebbe di essere almeno ascoltato, sempre che abbia voglia di dare qualche consiglio.
E se anche tu vuoi raggiungere quel grado di padronanza, puoi farlo. Utilizza l’esempio del videogioco. Appassionati di più al gioco della vita, sfiora la morte, ma fallo con totale lucidità.
Sicuramente ti sarà successo di sfiorare la morte, ma lo avrai probabilmente fatto in stato di incoscienza, distrazione, paura. Potresti averla sfiorata in un incidente, a piedi, in bici, in auto. Potresti averla sfiorata durante uno sport estremo. Oppure potresti averla sfiorata nel sonno, senza che tu ne fossi cosciente, come una specie di esperienza pre-morte. Dunque, volenti o nolenti, tutti abbiamo sfiorato la morte.
Il morto in vita però la sfiora deliberatamente, la richiama di proposito, si fa affiancare brevemente da Lei. Ovviamente lo fa per un solo attimo, ma quell’attimo è talmente intenso che sembra durare un’eternità. Se quell’istante viene vissuto con totale lucidità, allora si possono acquisire incalcolabili gradi di consapevolezza. Si possono scoprire i misteriosi principi della natura, dell’esistenza, dell’universo. Si può acquisire una comprensione che è fuori dall’ordinario. In tal senso i consigli di chi ha sfiorato la morte sono molto preziosi, impagabili, utili, pragmatici. Per questa ragione ho scritto che conviene accettare i consigli da coloro che sono morti in vita – e non dai morti viventi.
Solo da un tale individuo dovresti accettare consigli. E non potrebbe essere altrimenti. Come puoi fidarti di un morto vivente? Di qualcuno che ignora la morte, la rifugge, la mistifica?
Come puoi fidarti di qualcuno che per esperienza ti dimostra di non capire un cazzo delle proprie esperienze quotidiane?
Come puoi fidarti di qualcuno che non conosce neppure i principi basilari della propria vita?
Non fidarti dei finti vivi.
Fidati maggiormente di chi è morto o di chi ha sfiorato la morte.
Se conosci qualcuno che ha sfiorato lucidamente la morte accetta qualche suo consiglio: approfitta del morto in vita, finché sei in vita.
(ZeRo)
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