Rituale preliminare recitato dai monaci tibetani:
“Possano tutti gli esseri senzienti essere felici, liberi dalla sofferenza e dimorare nella serenità.
Con il merito che proviene da tutti i miei atti di bene, voglio lenire la sofferenza delle altre creature… La mia vita, con tutte le mie rinascite, i miei possessi, i meriti che ho acquisito o che acquisirò, tutto questo io lascio senza volerne trarre guadagno per me stesso, perché ne sia favorita la salvezza di tutti gli esseri.”
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Si tratta di un preliminare alla meditazione e a qualsiasi altra pratica. Molti invece meditano credendo di non aver bisogno di alcun preliminare, illudendosi di conoscere già se stessi, gli altri, il mondo, il corpo.
Ma finché non correggono la loro visione erronea, continueranno a incappare nelle stesse problematiche.
Quel preliminare serve solo a correggere la propria visione e la propria percezione. Una volta avvenuta la correzione percettiva, il preliminare non è più necessario.
Questo buon proposito però non va recitato come una preghiera; non bisogna ripeterlo a pappagallo, senza prima aver compreso il senso generale.
In tal caso, ripetendo a pappagallo, non avrà alcun significato e nessun effetto.
Non avrà significato perché l’io ha paura degli altri, li vede come entità lontane, distinte, separate. Finché c’è un forte senso dell’io, questi messaggi non apportano nessun miglioramento, nessun mutamento, nessuna trasformazione.
Se provate a rileggere quel preliminare prendendo in considerazione il principio dell’interdipendenza vedrete che quel messaggio assume un significato diverso, più profondo.
Se invece lo interpretate con gli occhi dell’ego, non vi sentite toccati da quel messaggio. Quel messaggio invece dovrebbe toccarvi da vicino, dovreste sentirvi coinvolti in quel proposito.
L’ego interpreta le altre creature come “tutti fuorché me”.
La mente ordinaria tende ad escludere e non ad includere.
Provate ad adottare una mentalità inclusiva, a includere voi stessi o le persone a cui tenete di più all’interno di quel messaggio. Provate a vedere che effetto fa adesso, con la mentalità inclusiva, con il principio dell’interdipendenza.
Nel momento in cui riconoscete che siete interdipendenti, vi sarà chiaro che il loro benessere corrisponderà anche al vostro benessere.
Vedrete che augurare il benessere di un’altra creatura vuol dire augurare indirettamente il proprio benessere.
Augurare l’abbondanza altrui, è un modo per propiziare la propria abbondanza.
Questa è una logica assurda per l’ego, eppure in natura è la logica dell’ego ad essere assurda, malsana, stupida.
La logica dell’ego è “me, me, me”… “mio, mio, mio”.
Vi suona familiare?
Dovrebbe, perché questo è il pilota automatico della mente ordinaria.
Potreste aver letto molti libri spirituali, aver fatto molti atti di altruismo, esservi sacrificati, ma finché la vostra mente è incentrata sul “me” o sul “mio”, siete destinati a piccole o grandi disavventure. Siete destinati a disavventure perché state lottando (inconsciamente) contro la natura.
La natura non è incentrata sul “me”.
La natura non segue la vostra logica, non segue la logica del vostro intelletto, non segue la logica dell’ego.
Per questo motivo l’ego fa fatica a comprendere questo rituale preliminare.
Ora prova a rileggerlo con questa comprensione, non con la compassione superficiale, astratta, ma con la piena comprensione di un principio pratico come quello dell’interdipendenza. Non pensare in termini di “me”, ma in termini di un’interconnessione e un’interdipendenza che è già presente – che ti piaccia o meno.
Oppure, se vuoi pensare in termini di “me”, pensa che il me dipende anche dalle altre creature. Mentre lo rileggi dovresti accorgerti che non c’è alcun me indipendente dalle altre creature. Dovresti notare che i meriti per le altre creature sono i meriti per me, e viceversa. Dovrebbe sorgere l’intuizione che mentre fai qualcosa per te, lo fai contemporaneamente per gli altri esseri senzienti. E mentre gli altri fanno qualcosa per loro, lo fanno anche per te.
Questa comprensione dovrebbe darti una motivazione in più ad abbandonare l’insensata e malsana logica dell’io.
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“Possano tutti gli esseri senzienti essere felici, liberi dalla sofferenza e dimorare nella serenità. Con il merito che proviene da tutti i miei atti di bene, voglio lenire la sofferenza delle altre creature… La mia vita, con tutte le mie rinascite, i miei possessi, i meriti che ho acquisito o che acquisirò, tutto questo io lascio senza volerne trarre guadagno per me stesso, perché ne sia favorita la salvezza di tutti gli esseri.” (ZeRo)
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