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Gocce di disincanto - Emil Cioran rivisitato da ⓏⓔⓇⓞ (Estratto Ebook)

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Ho preparato un ebook incentrato sul disincanto e quella che segue è una breve anteprima.

Ebook completo qui: https://payhip.com/b/zNYig



“Ho forse la faccia di uno che deve fare qualcosa quaggiù?”

Ecco cosa avrei voglia di rispondere agli indiscreti che mi interrogano sulle mie attività.

(Cioran)

Nota di 乙乇尺ㄖ

Il disincantato ha la faccia di uno che non deve fare nulla o di qualcuno che fa di tutto senza aspettarsi niente. Non vi è alcun “devo o non devo”. Non vi è un bisogno viscerale di fare, dimostrare, esibire, competere, controbattere.


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Lo stesso sentimento di estraneità, di gioco inutile, ovunque io vada: fingo di interessarmi a ciò che mi è indifferente, mi dimeno per automatismo o per carità, senza essere mai partecipe, senza essere mai da nessuna parte. Ciò che mi attira è altrove, e questo altrove non so cosa sia.

(Cioran)

Nota di Ƶ€ᖇσ

Disincanto allo stato puro.

L’unica cosa che attirava la sua attenzione era l’Oltre.


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Il dovere di un uomo solo è di essere ancora più solo.

(Cioran)

Nota di ZeRo

Ci sono due livelli di solitudine: la solitudine superficiale (dalla massa) e quella profonda (la solitudine da se stessi).

Questa seconda solitudine è quella a cui probabilmente puntava Cioran. La prima solitudine vuol dire trovarsi senza gli altri, la seconda solitudine, quella profonda, implica trovarsi senz’io.


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Questo secondo è svanito per sempre, si è perduto nella massa anonima dell’irrevocabile. Non tornerà mai più. Ne soffro e non ne soffro. Tutto è unico – e insignificante.

(Cioran)

Nota di ZeRo

L’io soffre per la perdita di qualsiasi apparenza.

Ma la perdita di un’apparenza è davvero una perdita?

L’io non vuole perdere il mondo delle apparenze perché è come se perdesse se stesso, l’illusorio soggetto indipendente, separato, permanente.

Perdere il mondo delle apparenze, per l’io, vuol dire perdere tutto.

Perdere il mondo delle apparenze, per l’autorealizzato, vuol dire non perdere niente.


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La conoscenza di sé, la più amara di tutte, è anche quella che viene coltivata di meno: a che serve sorprendersi dal mattino alla sera in flagrante delitto di illusione, risalire senza pietà alla radice di ogni atto, e perdere una causa dopo l’altra davanti al proprio tribunale?

(Cioran)

Nota di ZeRo

La conoscenza dell’io è la più amara e quella che viene coltivata meno di tutte perché non ti dà niente.

L’io non ti dà niente.

Non si guadagna niente da questa indagine, si riconosce soltanto la sua inconsistenza. In apparenza è una perdita di tempo, eppure questa amara constatazione è la liberazione da ciò che apparentemente tiene gli individui rinchiusi in sé, imprigionati in se stessi.

P.S.

E’ inevitabile perdere una causa dopo l’altra davanti al tribunale dell’io: l’io vuole avere sempre ragione; come al Casinò, il banco dell’ego (in apparenza) vince sempre. Vince sempre perché è truccato, fittizio, illusorio.


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“Che cosa aspetti ad arrenderti?” – Ogni malattia ci invia un’intimidazione camuffata da interrogativo. Fingiamo di non sentire, pur pensando che lo scherzo è durato già troppo, e che la prossima volta bisognerà avere finalmente il coraggio di capitolare.

(Cioran)

Nota di ZeRo

“Che cosa aspetti ad arrenderti?” – ti chiede la Realtà.

“Che cosa aspetti a perdere la ragione?” – ti chiede la Verità.

Cosa aspetti a lasciar perdere il senso dell’io?

Se stai attendendo la disfatta esemplare stai certo che arriverà puntuale.


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Se potessimo vederci con gli occhi degli altri, scompariremmo all’istante.

(Cioran)

Nota di ZeRo

Di solito vi guardate dal punto di vista dell’io.

Provate a guardarvi dal non-io.

Fatelo per gioco. Provate a guardarvi da fuori, come un testimone trasparente (un fantasma) che osserva il vostro corpo.


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Nonostante i capelli bianchi, batteva ancora il marciapiede. La incontravo spesso, nel Quartiere, verso le tre del mattino, e non mi piaceva tornare a casa senza averla sentita raccontare qualche sua prodezza o qualche aneddoto. Gli aneddoti li ho dimenticati, e anche le prodezze. Ma non ho dimenticato la prontezza con la quale, una notte in cui mi ero messo a tuonare contro tutti i “miserabili” che dormivano, lei replicò, con l’indice puntato contro il cielo: “E che cosa dice del miserabile di lassù?”

(Cioran)

Nota di ZeRo

Quello dimora in un pacifico sonno profondo. Niente può disturbarlo, neppure la fine del mondo.


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E’ auspicabile che gli uomini vedano le cose come sono?

Non lo so. Credo che le persone non ne siano capaci. Allora è vero che solo un mostro può vedere le cose come sono, perché il mostro è uscito dallo sfondo.

(Cioran)

Nota di ZeRo

Il mostro è sinonimo di anomalia, qualcosa di atipico e incomprensibile per la mente ordinaria.

Il mostro riesce a vedere le cose come sono perché è uscito dallo sfondo ordinario e riesce a vedere le cose con distacco, senza bias, condizionamenti, distorsioni psico-emotive: viene considerato un mostro perché non è coinvolto affettivamente e quando partecipa lo fa in modo completamente differente rispetto agli altri attori sociali.

Il mostro è capace di vedere le cose come sono anche nel senso che i suoi occhi hanno visto delle mostruosità e queste mostruosità non sono state dimenticate, rimosse, ignorate, scansate come tenderebbe a fare l’uomo comune. L’uomo comune non riesce a tollerare neppure il pensiero della mostruosità; finge che non ci sia, che non esista e dunque non riesce neppure ad affrontarla o superarla.


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Ne ho abbastanza di imprecare contro Dio e contro il mondo. A che scopo?

(Cioran)

Nota di ZeRo

Queste parole segnavano il termine della carriera artistica e letteraria di Cioran. A un certo punto si era stancato di giudicare tutto e tutti; non aveva più voglia di attaccare il mondo.

Avendo raggiunto un livello avanzato di disincanto, si comporta come una coscienza in via di Risveglio: lascia tutto alle spalle e si spinge Oltre.



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I figli che non si vergognano dei genitori sono condannati alla mediocrità.

Niente rende più sterili quanto l’ammirazione verso i genitori.

(Cioran)

Nota di ZeRo

Al posto di figli e genitori possiamo mettere cittadini e autorità esterna, oppure ricercatori e Maestri.

I cittadini (o i ricercatori) che non si vergognano dell’autorità esterna (o del Maestro) sono condannati alla mediocrità.

Niente rende più impotenti quanto l’esaltazione dell’autorità (o del Maestro).


……………


Fine anteprima.



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