Premessa: questo è l’ultimo articolo che scrivo su queste piattaforme. In futuro il mio materiale sarà disponibile soltanto sul mio store (qui) oppure su altre piattaforme come Ko-fi (qui) e Patreon (qui). Presto fornirò maggiori dettagli.
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Articolo:
L'azzeramento non ha nulla di personale e dunque non dipende da una persona. La presenza di un individuo che accompagna, veicola, facilita l'azzeramento è secondaria rispetto al processo stesso.
L'individuo che fa da azzeratore è come una pistola, serve per veicolare il tremendo colpo sparato dalla realtà. Quel colpo lo chiamo disincanto. Il tremendo (o spettacolare) colpo sparato dalla realtà è ciò che porta all'auto-realizzazione. In tal senso il sottoscritto è soltanto un tramite dell'azzeramento, un ambasciatore del disincanto. Quando qualcuno si rivolge al sottoscritto è come se decidesse autonomamente di sottoporsi a un processo di suicidio assistito. Si deve assumere la responsabilità di azzerare la propria testa di cazzo, annientare il proprio ego, affossare il suo ridicolo personaggio. Senza queste premesse non ha senso interagire o interessarsi a questo processo.
Inutile dire che non si tratta di psicoterapia, di crescita personale, di auto-miglioramento o auto-aiuto. Se qualcuno mi chiede una consulenza psicologica lo invito semplicemente a consultare un professionista di quel settore. Il sottoscritto, anche se laureato in psicologia, non si occupa più di consolare la fragile mente dell'uomo comune. Mi occupo solo di un addestramento verso il disincanto.
L'ultimo individuo che ha avuto la malaugurata idea di farsi addestrare di persona dal sottoscritto è durato circa tre anni. Tutto sommato, tenendo conto della sua condizione di partenza, è durato anche tanto.
Il tizio sapeva fin dal principio a cosa andava incontro, ma non avendo le basi ha dovuto farsi le ossa e superare qualche fase preliminare. Ribadisco che non aveva a che fare con me, ma con il processo stesso. Io mi sono limitato a togliere la sicura e a lasciare che la realtà gli sparasse un colpo in faccia. Il mio compito, come il compito di qualunque guida, consisteva soltanto nel rimuovere qualche filtro cognitivo, emotivo, sentimentale, affettivo, percettivo.
Tecnicamente ho soltanto fatto da catalizzatore. Teoricamente a uno così servivano un centinaio di vite soltanto per afferrare l'abc di questo discorso. Ma non è che lui fosse l'eccezione. Lui era la regola. La coscienza dell'uomo comune ha bisogno di molte vite per interiorizzare questo insegnamento. Le prime vite le passa a ripetere gli stessi errori madornali, ripercorrere i soliti gironi infernali, riacutizzare le vecchie ferite emotive, esacerbare inutili traumi. Se impara la lezione allora può procedere e salire di livello.
Concretamente parlando, quel tizio ripeteva ogni anno determinate esperienze, riviveva alcuni traumi, riproduceva schemi comportamentali auto-sabotanti, alimentava particolari tendenze di evitamento. Se non mi avesse incontrato, e chiesto spontaneamente aiuto, avrebbe ripetuto quei meccanismi anno dopo anno, vita dopo vita.
Un giorno, per caso, mi vide in giro e mi chiese se poteva approfondire ciò che gli avevo accennato casualmente qualche anno prima.
Il primo anno è servito a fargli riconoscere la ciclicità di alcuni fenomeni, il modo in cui alcuni pseudo-problemi vengono riprodotti e rivissuti inconsciamente, il rapporto con altri influssi, altre dimensioni, le sfaccettature del lato oscuro, il modo in cui il mondo riesce a imprigionare l'attenzione e l'energia dell'uomo, etc...
Nonostante ci vedessimo 3 o 4 volte alla settimana, quei meccanismi continuavano a riprodursi, anche se con minore intensità e minor frequenza. Ma non era colpa sua. Quei fenomeni non potevano non riprodursi perché erano stati accumulati, caricati e ricaricati involontariamente, dunque dovevano soltanto scaricarsi. Data la sua frenesia gli ho dovuto far capire che la batteria del suo sistema cognitivo doveva gradualmente consumarsi e che involontariamente la ricaricava con alcune tendenze di evitamento o di auto-sabotaggio.
Gli ho dato qualche dritta per accelerare lo scaricamento della batteria psicosomatica.
Terminato l'addestramento preliminare, abbiamo provato a passare alla fase di guarigione.
La fase di guarigione è la prima fase del processo.
La seconda fase la chiamo fase di potenziamento.
La terza fase è l'autoliberazione.
Il comune praticante spirituale, per quel che ne so, non raggiunge neppure la prima fase, quella di guarigione. La prima tappa, la guarigione totale del proprio essere, non è una passeggiata, ma se non si supera la prima tappa non si può passare alla fase del potenziamento. Se si passa prematuramente al potenziamento - senza guarigione - ci si fa soltanto del male.
Il secondo e il terzo anno sono serviti per avviare un graduale processo di guarigione.
Dato che era molto curioso gli anticipavo qualche metodo di potenziamento, giusto per vedere la sua reazione. L'impatto fu forte. Il mio intento era quello di aprirgli gli occhi su altre presenze che abitano questo piano. Da quando iniziammo il secondo anno mi raccontò che la sua compagna lo sentiva urlare ogni notte. Verso le tre (orario tipico di questi fenomeni) cominciava a parlare nel sonno, a indicare il soffitto, a comunicare con qualcuno, a piangere.
La buona notizia è che passò rapidamente dalla teoria alla pratica. La brutta notizia è che l'impatto non fu dei migliori. Ma l'impatto, più o meno, è sempre quello.
Per lui era la prima volta, dunque mi chiese come mai gli succedevano quelle cose, perché aveva quelle visioni, se erano solo allucinazioni o se c'era davvero qualcuno di notte che veniva a trovarlo. Voleva sapere come mai la compagna non sentiva e non vedeva quello che cominciava a vedere e a sentire lui.
Guarda caso in quel periodo parlavamo proprio di cristianesimo esoterico, gnosticismo, demonologia, arconti, predatori, controllori, entità, presenze, e così via.
Voleva sapere se erano invenzioni, storie di fantascienza, miti, allucinazioni, o se si trattava di qualcosa d'altro.
Visto che era curioso gli chiesi se voleva vederli davvero, se voleva incontrarli, se voleva aprire un pochino i suoi sensi a quei fenomeni. Lui, senza accorgersi di quello che richiedeva, mi disse senza esitare che era molto interessato all'argomento.
Per fare in modo che la sua mente diventasse più ricettiva gli spiegai alcuni dettagli sul lato oscuro, il modo in cui avvengono alcuni incontri anomali.
Dato che sono un tipo pragmatico, volli dargli un assaggio: la parte più impegnativa per lui fu il passaggio dal non credere al constatare direttamente sulla propria pelle.
Mentre ci muovevamo nel parco gli facevo fare delle cose bizzarre che di solito mi inventavo sul momento. L'improvvisazione è una caratteristica del mio addestramento: non c'è un unico metodo, una sola tecnica, una sola pratica. Di solito lascio che sia l'istante stesso a fornire qualche suggerimento.
In quei giorni mi venne un'intuizione e decisi di farlo camminare a occhi chiusi, mentre lo affiancavo, lo guidavo con dei colpetti e sussurravo messaggi particolari che andavano a rimuovere alcune resistenze e alcuni blocchi inconsci. Sapevo che si trattava di qualcosa di potente; tant'è che nel giro di qualche settimana il suo sistema percettivo si riassestò, gli organi sensoriali erano un pochino più ricettivi e soprattutto la sua mente era stata adeguatamente battezzata. In un modo - imprevisto anche per il sottoscritto - avevo fatto in modo che la sua mente si aprisse verso un altro modo di vedere e dunque verso un altro mondo.
Sarà stato l'addestramento, sarà stata la camminata cieca, sarà stata la sua intenzione, sarà stata la nuova ricettività, comunque sia sta di fatto che da lì in poi scattò qualcosa. Lui cominciò a notare qualcosa, e qualcosa cominciò a notare lui.
Apro una breve parentesi. Li chiamo "controllori" perché loro - o alcuni di loro, come quelli che si sono presentati a quel praticante - si fanno chiamare in quel modo. Per inciso comunque si tratta di quelle entità che altrove (a seconda della tradizione di riferimento) vengono chiamate come arconti, anunnaki, elohim, voladores, inorganici, etc.
Quando gli feci notare la differenza tra questa spiritualità e la spiritualità spiccia si convinse ad abbandonare i suoi vecchi idoli.
I suoi miti cominciarono a crollare uno dopo l'altro.
Cominciò a notare che i suoi vecchi Big della spiritualità (Tolle, Dalai lama, etc.) erano molto small.
Cominciò giustamente a porsi domande scomode:
Perché ciò che lui stava intravedendo passava quasi sempre inosservato anche nell'ambito spirituale?
Se quasi tutto dipende da ciò che lui stava cominciando a percepire, perché quasi nessuno ne parlava?
Lui adesso si trovava su una sponda che non viene frequentata da molti esseri umani, quindi si sentiva un po' a disagio. Sicuramente sorse qualche dubbio, e probabilmente si sarà chiesto: Mi conviene proseguire? O forse si stava meglio dov'ero prima, in mezzo all'uomo comune, avvolto dall'accogliente percezione ordinaria?
Questo è un dilemma molto sentito quando si raggiunge questo traguardo, e se uno non è pronto è meglio che concluda la fase di guarigione e attenda la fase di potenziamento.
La guarigione serve - tra le altre cose - a fare in modo che certe presenze e certi influssi smettano di interferire di giorno o di notte. Il successivo potenziamento serve a togliersele proprio di mezzo, a sintonizzarsi con qualcosa di superiore che ti abilita ad usare al meglio il tuo potenziale.
Non fraintendetemi. Ciò che aveva visto lui non dipendeva da me, dal mio approccio, dalla mia presenza. Quelle presenze sono un po' dappertutto e alcune tradizioni le descrivono con dovizia di dettagli. Io gli ho soltanto mostrato una porta e l'ho invitato a camminare lì dentro, in modo che vedesse con i suoi occhi quello che c'è là in mezzo. Là in mezzo non vuol dire chissà dove, vuol dire proprio in questo mondo. Un addestramento serio non può prescindere da quei fenomeni.
Tornando a noi, il terzo ed ultimo anno fu un po' più leggero. Cercai di fare qualche passo indietro, in modo che la sua mente imparasse a ignorare quei fenomeni e tornasse con i piedi per terra. A differenza di me, aveva un figlio, una compagna, un lavoro. Non poteva buttarsi a capofitto e fare una full immersion come avevo fatto io. Doveva trovare i suoi tempi, si doveva sentire totalmente ispirato. Io non dovevo essere il suo unico punto di riferimento. L'Oltre lo doveva richiamare più di questo mondo. Più volte gli consigliai di rallentare, fermarci, sospendere brevemente e rivederci con calma dopo una pausa.
Non era il caso di accelerare. L'addestramento era appena cominciato e l'obiettivo era all'estremo orizzonte.
Il motivo che infine lo spinse ad abbandonare non è importante. L'importante è che si sia impegnato al massimo, che abbia discriminato la differenza tra un percorso serio e la spiritualità spiccia, che sappia muoversi in sintonia con quel processo che ha cominciato a percepire. Ora non so che fine abbia fatto, ma spero che si stia spingendo sempre oltre.
Ho raccontato questo stralcio di storia personale per esemplificare il mio approccio, delucidare in cosa consiste il mio percorso, quali sono le fasi principali, spiegare di cosa mi occupo e il modo in cui interagisco. Come ho anticipato, questo percorso non è per tutti. O si sente il richiamo o non lo si sente.
O ci si accontenta della vita dell'uomo comune, incantato dal mondo delle apparenze, o si viene risucchiati da un processo che ti catapulta sull'altra sponda, disabitata dai soliti esseri umani e abitata dall'ignoto. Una scelta non è migliore o peggiore dell'altra per la semplice ragione che non si ha scelta. Se vieni risucchiato e catapultato nell'Oltre, non lo hai scelto tu. E' l'Oltre ad averti scelto.
(ZeRo)
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