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IMPORTANZA PERSONALE

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“Ti senti troppo maledettamente importante, ma dovrai cambiare! Sei così maledettamente importante che ti senti in diritto di irritarti di tutto. Sei così maledettamente importante che ti puoi permettere di andartene se le cose non vanno a modo tuo. Immagino che penserai che sia prova di carattere. E assurdo! Tu sei debole, e presuntuoso.” (Carlos Castaneda – Viaggio A Ixtlan)

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L’importanza personale è un mostro sempre assetato di attenzioni, e tale fame non sarà mai saziata, più attenzioni riceve e più ne vorrà ancora e ancora...come nel caso di un tossicodipendente che sviluppa la resistenza a quella determinata sostanza e che deve continuamente aumentare le dosi per ottenere l’effetto…

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«L’importanza personale è il nostro peggiore nemico. Pensaci, quello che ci indebolisce è sentirci offesi dai fatti e misfatti dei nostri simili. La nostra importanza personale chiede che noi si passi la maggior parte della nostra vita offesi da qualcuno. I nuovi veggenti raccomandavano che si facesse ogni sforzo possibile per sradicare l’importanza personale dalla vita dei guerrieri. lo ho seguito quella raccomandazione alla lettera e ho cercato di dimostrarti con tutti i mezzi possibili che senza importanza personale noi siamo invulnerabili.”».

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Don Juan aveva ragione. Il peso dell’amor proprio è in verità un impaccio terribile.

Don Juan spiegò: «L’importanza personale non è qualcosa di semplice e ingenuo. Da un lato, è il nucleo di tutto ciò che in noi ha valore, dall’altro il nucleo di tutto il nostro marciume. Disfarsi dell’importanza personale richiede un capolavoro di strategia. I veggenti di tutte le epoche hanno espresso i più alti apprezzamenti per coloro che ci sono riusciti.»

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il guerriero non si sforza di essere importante e per questo non si preoccupa delle approvazioni degli altri. Questa libertà dal dover cercare approvazioni, è vera umiltà. Poiché non ha più paura dell’impatto che le sue azioni potrebbero avere sul suo senso di importanza personale, l’unico interesse del guerriero è agire in base alla sua conoscenza al meglio della sua abilità. Grazie a questo un guerriero comprende che la sicurezza di sé significa sicurezza nella propria abilità di agire come un impeccabile guerriero. (Theun Mares – Il Ritorno Dei Guerrieri)

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Negli inventari strategici dei guerrieri, l’importanza personale figura come l’attività che consuma la maggior quantità di energia e per questo si sforzavano di vincerla. Una delle prime preoccupazioni del guerriero è liberare quell’energia per affrontare con essa l’ignoto” proseguì Don Juan. “L’azione di ricanalizzare quell’energia è l’impeccabilità”.

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Naturalmente perdere l’importanza personale è la chiave, perché, come ho detto, finché abbiamo quest’idea dell’ego, di una personalità che interagisce con gli altri ai fini di un accordo intersoggettivo, siamo del tutto bloccati. Vedi, la potenza dell’ordine sociale, è enorme per via del consenso di miliardi di individui, che tiene fermo il punto d’unione in quella determinata posizione. A livello individuale potremmo chiamarlo “autocompiacimento” da cui consegue la pressione tra simili. A un livello più ampio porrei il linguaggio stesso, per non parlare della famiglia, che gioca un ruolo fondamentale. Dobbiamo sfondare a una a una tutte queste barriere — individuali, sociali, famigliari, culturali — per poi aprirci un varco nel gigantesco inconscio collettivo che mantiene tutto quanto al suo posto. Uno stregone deve saltare tutto ciò e spostarsi verso un livello diverso. Inoltre, al di là dell’inconscio collettivo c’è anche un imperativo biologico che ci tiene intrappolati in questa “forma scimmiesca”. Non possiamo non essere creature sociali, perché siamo animali sociali. La solitudine fa più paura della morte, ecco perché lo spauracchio del neofita è l’idea di compiere un viaggio in solitudine e una ricerca solitaria come quella che si intraprende con la ricapitolazione. La gente si conforta con l’idea di poter meditare insieme, fare le cose insieme, purché abbia il consenso del gruppo. Ma vedi, è proprio questo consenso di gruppo che impedisce l’impercettibile movimento del punto d’unione. Perciò dobbiamo necessariamente oltrepassare quella forza e avere l’energia, e l’energia proviene da tutte le cose prima menzionate, inclusa l’impeccabilità e l’esercizio di morte. Seguire la via dello stregone, allontanarsi dall’ego, da quella determinata posizione del punto d’unione per avventurarsi nell’ignoto, è come morire. L’io deve abdicare, per quanto orrenda sia la sensazione. Emotivamente e fisicamente l’uomo trova contro di sé l’universo

(Taisha Abelar – Tratto dalla rivista canadese Dimensions, settembre 1994) […]  Noi non siamo più interessati a riaffermate o difendere il nostro ego, perché ciò assorbe la maggior parte dell’energia; l’ego per sua natura si sente sempre attaccato da tutte le parti… uscire di casa già comporta dei problemi… persino dentro casa c’è sempre qualcosa che ci minaccia, per non parlare del nostro capo, o di certi sguardi malevoli, o del sentirsi ingannati. L’unica difesa che abbiamo è convincerci che non siamo poi cosi male, che gli altri non ci capiscono, e via dicendo. La mente viaggia come un lampo per ricucire assieme queste cose. No, dobbiamo bloccarla, non dobbiamo più arroccarci in difesa dell’io, ma, al contrario, sbarazzarcene. Don Juan aveva un buon adagio, diceva: ‘Eliminare l’io e non temere niente’. Se sei privo di ego non c’è nulla di cui aver paura. perché tutte le paure, le delusioni o altro derivano da esso o da sue aspettative andate deluse, I cacciatori, invece, sono del tutto indifferenti, sono distaccati, e questo ci riporta al punto iniziale della nostra conversazione. Distaccarsi dall’io equivale per i cacciatori a distaccare la consapevolezza da quella posizione del punto d’unione in cui la società, i genitori e certi rapporti ci hanno imprigionati. (Rif: Taisha Abelar – Tratto dalla rivista canadese Dimensions, settembre 1994)

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L’autocommiserazione e l’importanza personale sono i veri tiranni; impediscono alle persone di vedere chiaramente le cose. Pertanto, se vuoi fare veramente qualcosa per te stesso, comincia a combattere questi nemici oggi, da questo istante!» «Ma come posso fare?» «Rimanendo inflessibile, restando all’erta e vigile a ogni azione, pensiero ed emozione che ti assalgono; facendo agguati a te stesso instancabilmente e senza abbandonarti ai tuoi vizi». Poi continuò: «Se cominci ora, avrai fatto il primo grande passo. E vero, potranno essere anni di sacrifici, ma almeno non sarai più inerte». Con vizi lui intendeva le concessioni che tutti facciamo a noi stessi quando diciamo cose tipo “non posso vivere senza questo o quello”, o “mi concederò il lusso di questo”, o la nostra vecchia giustificazione quando ci raccontiamo “questo me lo merito”. Essere attento a ogni pensiero, parola o azione è senza dubbio una grande sfida. Aveva ragione: mi ci sono voluti anni di duro lavoro. Per me, il processo è stato graduale. Quando finalmente realizzai che le mie azioni non riposavano più sull’autocommiserazione, sentii di essermi veramente liberato di un grosso peso. La cosa più incredibile è che fino a quel momento non mi ero nemmeno accorto di portarlo. Questo compito è davvero una costante battaglia quotidiana che il guerriero combatte contro se stesso, contro la sua importanza personale e la sua autocommiserazione, e in sostanza contro la sua stupidità. Per vincerla, bisogna compiere ogni momento lo sforzo di non distrarsi e di restare consapevoli giorno e notte, dal momento che se uno abbassa la guardia anche solo un istante perde la protezione contro l’assalto dell’ego. Ora capisco cosa Carlos intendesse quando affermava che i maestri non sono necessari. Lui sosteneva che questa battaglia è come andare in bagno, qualcosa che bisogna fare da soli, perché è un lavoro strettamente personale. La lotta è contro il proprio ego e nessuno può aiutarci. L’unico aiuto esterno che i nostri compagni possono fornirci è forse renderci consapevoli della nostra debolezza. Il che, comunque, fa sorgere un nuovo problema: spesso vediamo chi ci segnala i nostri errori come un avversario o un nemico, quando invece dovremmo essergli grati perché è il nostro benefattore. (Rif: Armando Torres – Gli Insegnamenti di Carlos Castaneda e Altri Stregoni)

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