Uccidi un brutto ragno e sei un eroe.
Uccidi una farfallina colorata e sei un mostro.
Come mai?
Cosa definisce l'eroicità di un gesto?
Cosa differenzia un buon cittadino da un trasgressore?
Cosa contraddistingue un bel gesto da un brutto gesto?
Se prendiamo il caso del ragno e della farfalla, si tratta in entrambi i casi del medesimo gesto. Oppure se confrontiamo uno schiaffo tra coetanei rispetto allo schiaffone (premuroso?) di un genitore al figlio ribelle, si tratta in entrambi i casi dello stesso gesto, un semplice schiaffo.
Eppure quel medesimo gesto non viene percepito allo stesso modo.
Se lo si guarda a mente vuota, senza filtri mentali, non si può distinguere il primo gesto dal secondo gesto perché si tratta del medesimo movimento: non sono due gesti diversi, non sono due movimenti diversi... Non sono "due".
Ma la mente ordinaria ne vede due; ne distingue uno dall'altro sebbene non ci sia tale distinzione, e questo avviene ogni giorno, nei confronti di qualunque gesto, movimento, parola, attività, interazione, relazione. Tramite quella distinzione (completamente arbitraria) viene prodotta una spaccatura che in realtà non c'è.
Cosa produce quella spaccatura (apparente)?
L'intenzione, il significato, la credenza, la storia, il giudizio, la giustificazione che si adduce dopo un qualsiasi movimento (l'ho fatto per il suo bene, gli serva da lezione, è un comandamento di Dio, è la legge, me lo meritavo, è un peccatore, è la punizione che si merita, etc...).
Quella storia, quel giudizio, quella spiegazione, quel significato, quella credenza è una proiezione sovrapposta a un atto che di per sé non è né puro né impuro, né morale né immorale, né santo né peccaminoso.
La cosiddetta morale, e persino la cosiddetta giustizia (umana o divina), si basa su quella schizofrenica proiezione mentale/emotiva/sentimentale/religiosa.
E a partire da quella schizofrenica distinzione si prolifera una serie di argomentazioni inconsistenti (infondate tanto quanto le premesse stesse). Una volta che ci si ritrova ingarbugliati in quella fitta trama di argomentazioni, storie, significati, comandamenti, giustificazioni, dogmi, ragionamenti, è quasi impossibile uscirne indenni; si è disposti a sacrificare la vita per sostenere quel vago, inconsistente, generico senso di "giustezza".
E se provi a contraddire, o semplicemente a mettere lievemente in discussione, quel limitato punto di vista rischi di fare la fine dell'eretico medievale.
Non importa il periodo storico: può essere il preistorico 3000 a.c oppure il futuristico 5000 d.c... qualcosa di infondato, fittizio, rimane comunque infondato, fittizio.
E qui entra in gioco la pura consapevolezza: appena sorge la consapevolezza dell'infondatezza di un codice morale o di un sistema di pensieri, dovrebbe sorgere contemporaneamente l'impellenza di andare oltre (quell'infondato sistema di pensieri), o almeno la curiosità di andare più a fondo.
Dovrebbe sorgere l'impulso a non assecondare ciecamente una credenza, una spiegazione, una giustificazione, un'argomentazione fittizia (sia essa propugnata da un'autorità giuridica, filosofica, scientifica, religiosa, metafisica).
E come ho esemplificato all'inizio non occorre una laurea per sviluppare tale consapevolezza.
Prendete un gesto qualsiasi, un movimento che sta alla base dell'interazione umana, e analizzatelo a occhio nudo, a mente vuota, senza sovrapporre i criteri della mente condizionata. Se osservate senza raccontarvi quello che vi hanno raccontato gli altri, notate una discrepanza tra ciò che vedete/percepite e ciò che la mente/autorità/tradizione vi racconta.
Vi potreste rendere conto che la tradizione vi ha tradito.
Vi potreste accorgere che il vostro stesso intelletto vi sta tradendo, mentendo, ingannando, instupidendo.
Quando ci si trova a questo punto non si può più far finta di niente.
Più si comincia a fare questo genere di investigazioni e più ci si rende conto che la morale della storia è che non c'è nessuna morale. E questo è inaccettabile, inaudito, insopportabile per la mente ordinaria. Non riesce ad accettare un evento nudo e crudo, senza appiccicarci sopra una patina spocchiosa, paternalistica, moralistica, vanagloriosa.
La dissonanza tra ciò che la mente vorrebbe vedere/percepire e ciò che viene percepito, oppure la discrepanza tra ciò che vogliamo far accadere e quello che in realtà non è accaduto, è intollerabile per l'uomo comune.
La discrepanza percettiva è sicuramente spiacevole ma vi assicuro che è molto più spiacevole ignorarla e accomodare un sistema di pensieri palesemente farlocco.
Se non sentite il richiamo al superamento di quella discrepanza è lo stesso: prima o poi lo sentirete, riconoscerete la schizofrenica proiezione sottostante, ne percepirete la sofferenza inutile ad essa correlata e forse vi deciderete a spingervi oltre.
Se invece lo sentite bene come lo sentivo io molti anni fa allora vi posso solo spronare ad ascoltare quel richiamo verso il superamento di quella discrepanza psicologica e percettiva. All'inizio occorre guardare quella discrepanza, guardarla per bene, investigarla, comprenderla e poi sforzarvi (abilmente) di trascenderla.
Non sarà facile, incontrerete tante avversità, ma se puntate al disincanto, alla liberazione dalla sofferenza inutile, allora il superamento di quella discrepanza percettiva è tassativo.
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