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Appunti sul concetto di spietatezza espresso nelle opere di Carlos Castaneda:
«Per uno stregone, la spietatezza non è crudeltà. La spietatezza è l’opposto dell’autocommiserazione o della presunzione. La spietatezza è sobrietà.»
[…] «Il primo principio in assoluto dell’arte dell’agguato è che il guerriero ponga l’agguato a se stesso, e lo faccia spietatamente, con astuzia, pazienza e dolcezza.»
[…] «Io preferisco la parola “spietatezza” a “fermezza” e “determinazione”» osservò don Juan, e proseguì. «Quella guaritrice doveva essere spietata per creare l’ambiente adatto per l’intervento dello spirito.»
[…] «Il luogo della non pietà è il centro della spietatezza. Ma questo tu lo sai. Ora, però, fintanto che non ti torna in mente, diciamo che la spietatezza, essendo una posizione specifica del punto d’unione, si vede negli occhi degli stregoni. E come un velo scintillante che li ricopre. Gli occhi degli stregoni brillano, e più sono lucenti più spietato è lo stregone. In questo momento i tuoi occhi sono opachi.»
[…] Mi spiegò che quando il punto d’unione si muoveva fino al luogo della non pietà, gli occhi cominciavano a scintillare. Quanto più salda era la presa del punto d’unione nella sua nuova posizione, tanto più gli occhi lucevano.
[…] «Devi farti tornare in mente la prima volta che i tuoi occhi brillarono perché fu allora che per la prima volta il tuo punto d’unione raggiunse il luogo della non pietà. La spietatezza s’impossessò di te allora. La spietatezza fa brillare gli occhi degli stregoni, e quello scintillìo ammicca all’intento. Ogni luogo in cui si sposti il loro punto d’unione è indicato da un particolare scintillìo degli occhi. Poiché i loro occhi hanno una memoria propria, possono richiamare il ricordo di ogni luogo semplicemente richiamando il particolare scintillìo associato a quel luogo.»
[…] Aggiunse anche che “il luogo della non pietà”, un’altra posizione del punto d’unione, era il precursore della conoscenza silenziosa…
[…] «E l’unico motivo per avere un maestro è perché continui a spronarci senza pietà. Altrimenti la nostra reazione naturale sarebbe quella di fermarsi a congratularci con noi stessi per aver coperto tanto terreno.»
[…] Per il nagual Julian, la presunzione era un mostro dalle tremila teste, che si poteva affrontare e distruggere in tre maniere. La prima era mozzare le teste una a una; la seconda era raggiungere quel misterioso stato d’essere chiamato il luogo della non pietà, che distruggeva la presunzione affamandola lentamente; e la terza era di pagare con la propria morte simbolica l’immediato annientamento del mostro dalle tremila teste. Il nagual Julian raccomandava la terza alternativa, ma disse a don Juan che avrebbe potuto considerarsi fortunato se avesse avuto la possibilità di scegliere. Perché di solito era lo spirito a determinare in quale direzione dovesse andare uno stregone, ed era dovere dello stregone seguirla.
[…] E [don Juan] capì, da solo, che il luogo della non pietà era una posizione del punto di unione, una posizione che rendeva inoperante l’autocommiserazione. Ma don Juan apprese anche che la sua saggezza, il suo discernimento erano estremamente transitori. Il suo punto d’unione sarebbe inevitabilmente tornato al luogo di partenza.
[…] Don Juan mi insegnò che sentire pietà per gli altri è improprio per un guerriero, perché la pietà sempre parte dal riflesso di sé. […] Spietatamente in agguato alle mie reazioni emotive, egli mi condusse per mano fino alla fonte delle mie preoccupazioni, ed io potei rendermi conto che il mio interesse per le persone era una frode, tentavo di scappare da me stesso trasferendo ad altri i miei problemi. Mi dimostrò che la compassione, nel modo in cui la intendiamo noi, è una malattia mentale, una psicosi che ci impiglia sempre di più al nostro ego. […] Uno dei presenti alzò la mano e commentò che, contrariamente alle sue affermazioni, la compassione per il prossimo è l’idea essenziale di tutte le religioni. Lui fece un gesto come se volesse scacciare una mosca. – Dimenticatene! Quelle dichiarazioni basate sulla pietà sono una frode! A forza di ripetere le stesse idee, abbiamo sostituito il genuino interesse per lo spirito dell’uomo con una sentimentalità a buon mercato. Siamo diventati compassionevoli di professione. […] Non può avere pietà, il guerriero deve imparare ad essere umile in preparazione al cammino più arduo o non avrà nessuna possibilità di fronte ai dardi dell’ignoto. […] Il problema della compassione è che ci costringe a vedere il mondo attraverso l’autocommiserazione. Un guerriero senza compassione è una persona che ha posto la sua volontà nel centro dell’indifferenza e non si compiace più nel “povero me”. È un individuo che non sente pietà per le sue debolezze, ha imparato a ridere di se stesso. […] Non avendo pietà per noi stessi, possiamo affrontare con eleganza l’impatto della nostra estinzione personale. La morte è la forza che dà al guerriero coraggio e moderazione. Solo guardando attraverso i suoi occhi diventiamo consapevoli che non siamo importanti. Allora lei viene a vivere al nostro fianco e inizia a trasmetterci i suoi segreti. […] La morte è tanto gentile con il guerriero quanto spietata con l’uomo comune. […] Il nagual Julián, per esempio, univa un’efficienza spietata ad un’abilità tremenda nel trasformarsi in ciò che voleva, non è che si travestisse, ma davvero si trasformava, spostando il suo punto di unione fino alla posizione che corrisponde alla forma di un animale o di un’altra persona. Una delle sue personalità favorita era quella di donna. Una volta, come stupenda ragazza, sedusse il suo apprendista Juan Matus, che all’epoca aveva poco più di venti anni ed era caliente come un giovane toro. Quando si trovarono nel letto, mise il suo punto di unione nella posizione abituale e tornò a essere uomo, facendo scappare il giovanotto dalla stanza per lo spavento. – Per una mentalità come quella che aveva Juan Matus in quel tempo, l’impatto fu devastante, triturò i suoi stereotipi. Fu una burla grottesca, ma di efficacia unica. Tagliò in un colpo solo la sua inclinazione ad arrendersi alla prima donna che gli si insinuava. […] Ricapitolare è andare a caccia delle nostre routine, sottoponendole ad uno scrutinio sistematico e spietato. […] Prese, come esempio di uno sforzo mal applicato, un asino intrappolato nella melma. Più si muove, più difficili rende le cose. La sua unica possibilità di uscirne è agire con freddezza, tentare di liberarsi del suo carico e concentrarsi sull’immediatezza del suo problema… La stesso accade a noi. Noi siamo esseri che moriranno. Siamo stati programmati per vivere come bestie, caricando un fardello di abitudini e credenze altrui fino alla fine, ma noi possiamo cambiare! La libertà che ci offre il cammino del guerriero è a portata di mano, approfittatene!
[…] Non lasciatevi “trascinare” dalle situazioni. Se cominciate a inquietarvi e ad impazientirvi, a disperarvi, sarete abbattuti senza pietà dai TIRATORI SCELTI DELL’IGNOTO… Se invece agite senza macchia e avete sufficiente potere personale per eseguire i vostri compiti, si attuerà per voi la REALIZZAZIONE dell’INTENZIONE I predatori hanno preso il sopravvento perché siamo il loro cibo, la loro fonte di sostentamento. Ecco perché ci spremono senza pietà. Proprio come noi alleviamo i polli nelle stie, i “gallineros”, i predatori ci allevano in stie umane, gli “humaneros”, garantendosi così un’infinita riserva di nutrimento.
[…] Clara mi aveva detto che la freddezza non è crudeltà o mancanza di cuore, ma inflessibile distacco. Alla fine sapevo cosa significava essere senza pietà. (Taisha Abelar)
“Non concentrarti sulla tua perdita,” disse, avvertendo il mio stato d’animo. “Almeno, non adesso. Occupiamoci piuttosto di utili modi di radunare l’energia per tentare l’inevitabile: il volo astratto. Ora sai che appartieni a noi e a me in particolare. Oggi devi tentare di venire dalla mia parte.”
[…] Il destino di quell’animale era di nutrire il cacciatore. Sapendo questo, il cacciatore non prova pietà per l’animale e si sente a posto, provare pietà sarebbe negare a quell’animale il suo destino. […] La pietà è uno dei peggiori crimini contro l’umanità, anzi, contro tutte le forme di vita in generale. Dovremmo sempre diffidare di quei buonisti che provano pietà per tutti e per tutto ciò che sta loro intorno. Queste persone non hanno alcun rispetto per il destino di un altro essere, e il loro unico scopo nella vita è di intromettersi e interferire laddove non dovrebbero. Queste persone protesteranno sempre molto forte sotto la bandiera della moralità e della decenza, ma non prenderanno mai in considerazione i possibili effetti delle loro azioni. La personalità e il pieno sviluppo della consapevolezza soffriranno sempre per mano di queste persone, non importa quali siano le motivazioni che sostengono di avere. […] Il cacciatore sa bene che le forze che guidano la sua vita sulla terra non gli dimostreranno compassione e non gli concederanno nessuna pietà. (Theun Mares)
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