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Perché vivo di rendita?

Anche oggi, come quasi tutti i giorni, sono andato a caccia di more (non le More a due gambe, anche se le preferisco alle Bionde) ma le more che si trovano sulle piante. Avendo la fortuna di vivere in una zona piena di more e - a volte - ciliegie, prendo la bici, pedalo per qualche chilometro e raccolgo qualche frutto. Mentre raccolgo questi frutti mi sento inspiegabilmente l'uomo più ricco del mondo. Inspiegabilmente perché in realtà economicamente non sono ricco, non ho ereditato un'ingente somma di denaro, non ho fatto successo (e non ci tengo), non mi sono fatto il mazzo illudendomi di percepire una buona pensione.

Eppure, anche se non sguazzo nell'oro, vivo di rendita.

Mi bastano questi pochi frutti per percepire la ricchezza, l'abbondanza, la completezza.

Vivo di rendita non perché vendo migliaia di libri e nemmeno perché ho letto qualche libricino sui "segreti per vivere senza lavorare", ma vivo di rendita semplicemente perché non sono fesso.

Non sono fesso perché non lavoro per gli altri e non lavoro neppure per me (per il mio ego, il mio ridicolo personaggio sociale).

Dato che lo fa molto meglio del mio "io", lascio che sia la realtà a lavorare - a modo suo, con i suoi tempi, con le sue misure, con i suoi criteri.

Non mi sforzo di cambiare la realtà, non scendo in campo per competere contro gli altri, non mi faccio in quattro per avere di più.

Non mi impiccio dei frutti della realtà: se non ci sono le more, vada per le bionde.


Vivo di rendita nel senso che vivo della rendita della realtà: la realtà - dal sottoscritto - viene percepita come un generatore di energia e dunque ha sempre qualcosa da rendere, donare, condividere. Il mio compito, la mia funzione, il mio ruolo consiste nell'usufruire di ciò che viene dato dalla realtà.

Questo avviene soprattutto quando il proprio essere è in allineamento con il grande schema delle cose.

Con l'autorealizzazione le entrate sono garantite.

Come fanno ad esserci uscite (perdite, mancanze, debiti) se percepisci l'abbondanza della realtà e riconosci la pienezza del tuo essere?


C'è un motto taoista che recita così: "Il Tao è inesauribile... sfruttalo finché sei in tempo".

Ecco, io mi limito a sfruttare l'inesauribile Tao.

Come mai tanti (la maggioranza dell'umanità) non sfrutta l'inesauribile Tao? Perché tanti non vivono della rendita della realtà?

Perché gli manca qualcosa di apparentemente immancabile: la capacità di vedere "ciò che è" e riconoscere (comprendere, discriminare) "ciò che non è".


Mentre sto scrivendo questo testo sto ascoltando con calma un reggaeton intitolato "calma" di pedro capo e farruko che riassume la mia vita:

"Calma, mi vida, con calma

Que nada hace falta

Si estamos juntitos andando"

...

Tradotto:

"Calma, la mia vita, con calma

che non manca nulla

Se camminiamo insieme"

-

In altre parole, vivo nella completezza perché non può mancarmi niente e non può mancarmi niente perché cammino insieme alla realtà, viaggio sulla sua stessa lunghezza d'onda perché so (sento, riconosco, realizzo) che non sono separato da Lei.


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