ZeRo Metodo Vol 1 - Cap 11
- Z o
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"Coloro che cercano cerchino finché troveranno.
Quando troveranno, resteranno turbati.
Quando saranno turbati si stupiranno, e regneranno su tutto."
- Vangelo di Tommaso
***
Il giorno dopo Francesco si presentò di nuovo al solito rifugio, un vecchio teatro sperduto in mezzo alle colline. Il nervosismo e la rabbia lo stavano divorando da dentro. Si sentiva un topo in gabbia. L'unica consolazione è che il digiuno era finito e adesso poteva mangiare tutto quello che voleva.
Zero invece era calmissimo e sorseggiava un bicchiere di vino rosso. Si era già accomodato sulla sua poltrona e non vedeva l'ora di proporre il nuovo test alla sua cavia preferita.
- "Fra, Fra, Fra...", disse, "Ti sei dimenticato la prima regola di un buon criminale".
- "E quale sarebbe?"
- "Mai farsi accecare dalla rabbia".
Dopo quella provocazione Francesco ribolliva di odio e si sentiva ancora più incazzato.
- "Vedi amico mio, le emozioni distorcono la chiara visione della realtà. Questo vale sia per le emozioni positive sia per quelle negative".
- "Stai dicendo che non dovrei più provare emozioni?"
- "No. Questo non vuol dire che tu non debba più provare emozioni. Questo vuol dire che puoi guardare qualunque emozione senza farti dominare da loro. Ricordi l'esperimento dell'altra volta?"
- "Quello del palcoscenico?"
- "Esatto".
- "Si, lo ricordo. Dovevo guardare il mio ridicolo personaggio sociale dall'esterno".
- "Ora si tratta di vedere le tue emozioni da fuori. Immagina che esse siano come delle scariche elettriche che attraversano il tuo corpo. Se preferisci vedile come dei filamenti fumosi oppure come delle ondate calde o fredde. Applica la rappresentazione che preferisci. Ad esempio prendiamo la rabbia che stai provando in questo momento. Proietta la scossa rabbiosa su quel palcoscenico. Puoi proiettarla ovunque, l'importante è che sia all'esterno. La senti all'interno, ma la vedi all'esterno. Ciò che senti viene da fuori, non è un tuo prodotto. Non è qualcosa che ti appartiene. L'identificazione, l'io, la società ti dice che ti appartiene. La pura consapevolezza ti fa capire che non ti appartiene. Il fatto che tu senta i suoi effetti all'interno del corpo non significa che ti appartenga. È come un fulmine che colpisce casualmente il tuo corpo. Attribuiresti a te stesso la colpa di una fulminata?"
- "No, ovviamente".
- "La stessa cosa vale per qualunque fulminata emotiva. Ora fai l'esperimento con l'emozione più intensa che stai provando. Poi passa a qualche altra emozione. Sia positive che negative. Non cercare di controllarle. Guardale da fuori, vedile come scosse elettriche che percuotono non solo il tuo corpo ma anche il corpo di qualunque individuo. Guarda la buffa reazione del tuo ridicolo personaggio: è sufficiente una piccola scossa per animarlo; è come un manichino che prende improvvisamente vita. Si tratta di uno scenario incredibile, pazzesco, inverosimile. Questo incredibile scenario è ciò che si verifica ogni giorno davanti ai tuoi occhi. Prima la tua consapevolezza era offuscata, ora invece puoi vedere nitidamente questi processi fenomenali.
Ricordati che non devi sforzarti di vedere qualcosa di speciale. Si tratta di riconoscere qualcosa che sta già accadendo, ma viene quasi sempre frainteso, distorto, male interpretato.
Hai qualche feedback da darmi?"
- "Mentre procedo nella contemplazione, sembra che le scosse emotive stiano effettivamente fuoriuscendo dal corpo; oppure sembra che le scosse elettriche sorgano all'improvviso dal corpo, ma non sono io a produrle o a controllarle. Mentre prendo consapevolezza di questo processo, la reattività diminuisce gradualmente. Sento ancora la rabbia, però adesso la vedo con neutralità: sembra una banale reazione chimica. Non ha senso giudicare una reazione chimica. Non ha senso prenderla sul personale. L'impulso però è ancora abbastanza intenso".
- "È naturale che l'impulso sia intenso. A tal proposito ti devo dare una buona notizia: non è questione di intensità. Non devi ridurre al minimo la percezione di un'emozione. Non devi arrivare a non sentire più niente. Ne consegue che non è questione di controllare le proprie emozioni, ma questione di riconoscere la vera natura di quei fenomeni. Una scossa emotiva intensa vale tanto quanto una scossa debole. La sua natura rimane la stessa, una scossa neutrale che può crescere in una direzione o decrescere nell'altra direzione".
- "Ho sempre creduto che le emozioni positive fossero migliori rispetto a quelle negative, ma ora comprendo che questa distinzione è fittizia. Sarebbe come dire che la destra è peggiore della sinistra, l'alto meglio del basso. Tuttavia ho sempre preso sul personale queste connotazioni, per cui ogni volta che sorgeva un'emozione positiva mi inorgoglivo e quando sorgeva una sensazione negativa mi innervosivo".
- "Già. In effetti le emozioni connotano qualcosa: le emozioni connotano la tua persona, il tuo ego, il tuo ridicolo personaggio. Dire emozioni è come dire reattività, dunque la reattività è una caratteristica della macchina biologica, del corpo, della psiche. In stato di ignoranza (incoscienza, addormentamento, ipnosi, identificazione) ti attribuisci qualunque reattività del corpo e della psiche. Il corpo è come un manichino animato da scosse emotive. Tu sei come un costumista che si identifica erroneamente con il manichino e con tutte le sue reazioni. Anziché dire "E sti cazzi se il manichino reagisce così", pensi "Maledizione, perché reagisco così?".
- "Da un lato questa constatazione mi rincuora. Dall'altro lato faccio fatica ad accettare il fatto che questa consapevolezza sia dovuta a un bastardo come te".
- "Tranquillo, quella consapevolezza non è dovuta a me e neppure a te. La pura consapevolezza è impersonale. Non discrimina tra mio o tuo. Non è merito mio se hai preso consapevolezza di questo processo, e non è un tuo demerito se finora l'hai ignorata”.
- "Meglio così, perché non ti ho ancora perdonato ciò che mi hai fatto. Però non posso neppure ignorare ciò che sto apprendendo. Faccio sempre più fatica a prendere sul personale l'odio, il fastidio, il rancore che provavo nei tuoi confronti”.
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